Fonte
La Repubblica.it
Sempre più siti e social network aiutano la
creazione di politiche pubbliche. Grazie a una generazione di cittadini
2.0. Petizioni, consigli e tweet. Ogni giorno. Anche in Italia di RICCARDO LUNA
IN PRINCIPIO sono stati i Moratti Quotes,
citazioni fasulle ma verosimili del sindaco uscente Letizia Moratti:
satira pura. Circolavano in rete alla velocità della luce. Cose tipo:
"Pisapia mi ha detto che mi rubava un attimo, ma non me lo ha più
restituito". Oppure, "Pisapia ha dato la laurea in medicina a
Scilipoti...". Cose così. Dopo la festa per la vittoria, però, qualcosa è
cambiato. Il pubblicitario milanese Paolo Iabichino ha lanciato su
Twitter il tema #pisapiasentilamia, e in poche ore migliaia di persone
sono passate dalle risate alle proposte per il nuovo sindaco. Che a un
certo punto è pure intervenuto per dire: "Grazie d'aver colto il mio
"non lasciatemi solo". Vi sto ascoltando", mentre sempre su Twitter
partivano #fassinosentitorino, #berrutilasciachetiaiuti e
#renzichenepensi. Voglia di partecipare, insomma.
La seconda
scena avviene a Cagliari, negli stessi giorni. Marcello Verona è un
giovane informatico e intuisce che il suo coetaneo Massimo Zedda, appena
eletto sindaco, ha bisogno di aiuto per governare. Così va in rete, si
registra su una piattaforma per discutere idee, la chiama Ideario per
Cagliari e invita i cagliaritani a entrarci: "Ora tocca a noi". Nei
primi cento giorni si registrano 520 idee per la città con 2.600
commenti e 12mila voti. È un bell'aiuto per Zedda. A costo zero.
La terza scena è di qualche giorno fa. A Matera una trentina di ragazzi, molto idealisti e molto preparati, stanno studiando
da una settimana alla scuola estiva della Rena, un network di
eccellenze italiane. Il tema è come cambiare la qualità delle decisioni
politiche attraverso Internet. Con la partecipazione certo, ma si parla
molto anche di Open Data, ovvero di liberare i dati pubblici in modo da
generare soluzioni creative dal basso ad annosi problemi. A un certo
punto uno dei partecipanti dice: "Non chiederti cosa il tuo paese può
fare per te, ma cosa tu puoi fare con i dati del tuo paese". È Kennedy
2.0.
Se qualcuno si sta ancora chiedendo dove è finita la
straordinaria onda emotiva che in primavera ha determinato gli esiti
delle elezioni amministrative e dei referendum, la risposta è: sul web.
Qui,
senza grandi proclami e praticamente senza soldi, si sta sperimentando
una nuova forma di democrazia. Nel mondo lo chiamano Open Government, ma
c'è una definizione forse più efficace: Wikicrazia. L'ha coniata
Alberto Cottica, 41 anni, da Modena, che dopo una vita da musicista di
successo con i Modena City Ramblers, oggi si occupa di questi temi per
il Consiglio d'Europa: la Wikicrazia, secondo questa impostazione, è una
democrazia potenziata dagli strumenti collaborativi della rete (i wiki)
e dalla intelligenza collettiva che ha creato fenomeni come Wikipedia.
A
livello accademico il fenomeno è molto studiato anche se in fondo è
bastato aggiungere una "w" e passare dall'e-gov, il governo che si mette
in rete per dare servizi; al we-gov, i cittadini che diventano
cocreatori delle politiche pubbliche. Secondo un recente report della
Elon University e del Pew Research Center sul futuro di Internet, entro
il 2020 le forme di cooperazione online miglioreranno l'efficacia delle
istituzioni democratiche nel rispondere alle esigenze dei cittadini. Se
questa cosa non si chiama rivoluzione, poco ci manca.
In molti
paesi sta già accadendo. Secondo Cottica "il primo presidente wiki della
storia è Barack Obama". Più che la strategia elettorale online, in
questo contesto contano i tanti strumenti attivati per favorire la
partecipazione: "Le sfide che abbiamo davanti sono troppo grandi perché
il governo possa farcela da solo, senza il contributo creativo del
popolo americano", disse il neoeletto presidente degli Stati Uniti
lanciando siti come data. gov, challenge. gov e apps4democracy. Va detto
che i buoni risultati ottenuti finora sono stati inferiori alle enormi
aspettative iniziali. "E le dimissioni del responsabile del progetto,
Vivek Kundra, lo scorso giugno, non sono certo un bel segnale", osserva
David Osimo, che si occupa di questi temi per la Commissione europea.
La
staffetta dell'Open Government sembra così passata nel Regno Unito,
nelle mani di David Cameron. "Stiamo cercando di mettere la tecnologia e
l'innovazione al centro di tutto quello che facciamo", ha spiegato
recentemente a New York a una conferenza Rohan Silva, 29 anni,
assistente del premier: "Vogliamo diventare il governo più aperto e
trasparente del mondo per innescare una scarica di innovazione sociale".
Primo esempio, il sito dove discutere come tagliare le spese del
bilancio britannico che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone.
Ma
non è dai governi che arriva la Wikicrazia. È piuttosto un movimento
che parte dal basso. E che ha una data di inizio certa. Nel settembre
2003, Tom Steinberg lancia Mysociety, sicuramente il progetto più
ambizioso di e-democracy mai realizzato. Con una donazione iniziale di
250 mila sterline, il team di Steinberg sviluppa in pochi anni una serie
di servizi tanto semplici quanto efficaci: Fixmystreet, ripara la mia
strada, un applicazione per segnalare problemi e disservizi direttamente
all'autorità locale (copiatissimo); theyworkforyou, un resoconto
aggiornato quasi in tempo reale dell'attività di ogni singolo membro del
Parlamento. E infine un modo per mandare petizioni online al premier. I
servizi sono gratuiti, economici, scalabili, facili da usare. Questo il
bilancio provvisorio: dopo sette anni più di 200 mila persone hanno
scritto almeno una volta al premier, qualche petizione ha persino
modificato decisioni già prese (il pedaggio stradale voluto e rimangiato
dal governo Blair), e qualcosa come 65mila buche stradali sono state
riparate.
Nel 2009, l'attenzione si sposta dal governo nazionale a
quello locale. La svolta avviene ad una conferenza organizzata dal guru
del web 2.0 Tim O'Reilly. "Le entrate calano, i costi aumentano: se non
cambiamo il modo in cui funzionano, le città falliranno", dice in
sostanza dal palco Jennifer Pahlka che qualche mese dopo lancia
Codeforamerica, una fondazione per aiutare le città americane a
diventare più trasparenti, connesse ed efficienti con l'aiuto del web.
Lo scorso anno hanno aderito Boston, Washington e Seattle ma l'esempio
più riuscito forse è Filadelfia con il sito opendataphilly. org: un
gigantesco hub dove i dati comunali hanno spontaneamente generato
centinaia di applicazioni utili ad i cittadini.
Codeforamerica
funziona così: ad ogni città vengono inviati per un anno cinque
sviluppatori. Sono in missione per conto del web, insomma. Qualche
giorno fa si è chiusa la selezione per il 2012: per 26 posti hanno
partecipato 550 persone da tutto il mondo. Perché lo fanno? Perché ci
credono. Li chiamano "civic hackers", sono esperti di tecnologia con la
passione per i valori di condivisione della rete che sognano una nuova
politica.
In Italia gli antesignani sono stati i romani di Open
Polis, che dal 2008 mettono online "a mano" tutti i dati dell'attività
del Parlamento e monitorano le attività dei 130 mila politici eletti. Ma
ora il focus è sugli strumenti per partecipare e collaborare: i social
network dei cittadini, come Epart, il neonato Decorourbano e il prossimo
Uptu. O anche il gioco Critical City, che usa il web per portare le
persone a fare delle cose concrete nella propria città: delle missioni
civiche.
Ma l'impressione è che si stia muovendo qualcosa di più
grosso. Tra qualche giorno nascerà per esempio Apps4Italy, un sito dove
le prime dodici regioni hanno deciso di condividere i loro dati per far
generare dagli utenti "apps", applicazioni, ovvero servizi socialmente
utili. È solo l'inizio: il 20 settembre ci sarà il varo ufficiale della
Open Government Partnership, una alleanza promossa da Usa e Brasile con
Gran Bretagna, Norvegia, Messico, Indonesia, Filippine e Sud Africa.
Nove paesi sono già in lista d'attesa per entrare in questo network.
Il
governo italiano è assente per ora, ma, come abbiamo visto, in questa
sfida che ha l'ambizione di ridisegnare le regole d'ingaggio della
politica, l'Italia c'è.
(09 settembre 2011)